A spasso nel tempo tra rocche e castelli
- L'itinerario
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Questo itinerario ha come tema centrale le rocche e i castelli più significativi abruzzesi, abbinati con piatti tipici strettamente legati al territorio. L'itinerario si svilupperà in 2 giorni e sarà composto da un totale di 285 Km. Il primo giorno si visiteranno Civitella del Tronto e Rocca Calascio e lì si potrà passare la notte.
Il secondo giorno è costituito da 3 località con le relative visite ai castelli e alle rocche (Castello Piccolomini Capestrano, Castello Aragonese di Ortona e il Castello di Roccascalegna). Di seguito troverete tutti i dettagli su questo itinerario storico.
L’itinerario inizia nel paese caratteristico di Civitella del Tronto, un comune in provincia di Teramo al confine tra Abruzzo e Marche. Inizialmente il suo nome era solo Civitella, divenne “del Tronto” solo nel 1557 in seguito alla guerra del Tronto, inoltre fu anche l’ultima fortezza tra il Regno delle Due Sicilie prima dell’Unità d’Italia. La Fortezza di Civitella del Tronto fa parte del circuito "I Borghi più Belli d'Italia", è una delle più grandi e importanti opere di ingegneria militare d'Europa caratterizzata da una forma ellittica con un’estensione di 25.000 mq ed una lunghezza di oltre 500 m. La visita guidata attraverso le molteplici stradine che intersecano l’abitato, tra cui si nasconde anche il vicolo più stretto d’Italia, (la “Ruetta”), vi condurrà alla scoperta delle bellezze del paese. Partendo da Porta Napoli si potranno ammirare la Chiesa di San Francesco, il monumento a Matteo Wade e la Chiesa di Santa Maria degli Angeli detta della Scopa, per arrivare poi alla fortezza che sovrasta il paese per quasi tutta la sua lunghezza. E’ visitabile anche il NACT (Nina Museo delle Arti Creative Tessili), che raccoglie una piccola parte della storia del tessuto: stoffe, abiti, coperte, copriletto, asciugamani, tovaglie ed accessori, realizzati dalla seconda metà dell'Ottocento al primo ventennio del Novecento. All'interno della Fortezza è visitabile il Museo delle Armi che si sviluppa su quattro sale dove sono conservate armi e mappe antiche, queste ultime connesse alle vicende storiche di Civitella del Tronto. Tra le armi si segnalano alcuni schioppi a miccia del XV secolo, pistole a pietra focaia, un cannone da campagna napoleonico e dei piccoli cannoni detti "falconetti" da marina. Proprio sotto la fortezza, si trova un sito di arrampicata, il periodo migliore per arrampicare sono le mezze stagioni: primavera e autunno. Poco fuori la fortificazione ci sono le Gole del Salinello, ovvero un percorso naturale che passa tra i Monti Gemelli scavato dal fiume Salinello, in estate è possibile anche farsi il bagno in questo paradiso naturale.
A Civitella non si possono non assaggiare le famose ceppe, un succulento primo piatto di pasta fresca fatta a mano dalle signore del paese; un’esplosione di sapori unici in bocca. Qui di seguito la ricetta.
250 gr. di farina
1 uovo
1 presa di sale per la farina
1 tazzina di olio evo
q.b. acqua
1. Sistemare la farina a fontana aggiungere successivamente l'uovo e l’acqua, fino ad ottenere una massa tenera. Lasciarla riposare in un contenitore unto d’olio per circa mezz’ora.
2. La massa va poi suddivisa in tanti pezzetti uguali, lunghi circa 15 cm. Dopo aver ottenuto i pezzetti bisogna arrotolarli singolarmente intorno ad un sottile ferro da calza in modo da ottenere una specie di lungo maccherone col buco.
3. Quindi le Ceppe si cuociono per 15-20 minuti in abbondante acqua molto bollente e, una volta scolate, si servono con il classico ragù di carni miste, spolverate con dell’ottimo pecorino abruzzese, oppure, con funghi porcini e provola.
Da qui ci dirigiamo verso sud, a Rocca Calascio che dista circa 108 Km.
Una volta arrivati, si può ammirare una delle rocche più alte d’Europa nonchè la più alta d’Italia. La rocca fu fondata nell’anno 1000. Quattro secoli dopo, in seguito a un violento terremoto fu abbandonata: le famiglie lasciarono il borgo fino a renderlo disabitato. Il borgo, situato a sud-ovest rispetto al castello, lungo il sentiero che da Santo Stefano di Sessanio porta all’abitato di Calascio, compone con esso un unico organismo fortificato. Il castello è stato inserito tra i 15 più belli del mondo dal National Geographic. Infatti, esso domina la valle del Tirino e l’altopiano di Navelli a poca distanza dalla piana di Campo Imperatore ed è situato su un crinale a 1.460 metri d’altezza, in una posizione molto favorevole dal punto di vista difensivo e per questo era utilizzato come punto di osservazione militare in comunicazione con altre torri e castelli vicini, sino all’Adriatico. Nel XX sec. alcune abitazioni furono recuperate mentre il castello ha subito importanti operazioni di restauro ed oggi è visitabile. Il castello è stato utilizzato più volte come ambientazione in film o serie televisive, come ad esempio Lady Hawke nel 1985, l’anno successivo “Il nome della rosa”, ed è presente anche in alcune scene del film The American con George Clooney. Nelle immediate vicinanze della rocca si trova la chiesa di Santa Maria della Pietà, un piccolo tempietto eretto tra il XVI ed il XVII secolo sul luogo dove, secondo la legenda, la popolazione locale ebbe la meglio su una banda di briganti. Altre fonti dicono sia stata costruita nel 1451, forse su disegni del Bramante. La chiesa, oggi adibita a semplice oratorio, è meta di fedeli e devoti.
Un piatto tipico di questo posto è sicuramente lo stufato di cervo, unico nel suo genere, con carne tenera e succosa. Di seguito vi forniamo la ricetta.
1 kg di carne di cervo
300 ml di passata di pomodoro
½ carota
½ cipolla
½ costa di sedano
2 foglie di salvia
2 chiodi di garofano
2 foglie di alloro
1 spicchio d’aglio
5 bacche di ginepro
q.b. vino rosso
q.b. rosmarino
q.b. pancetta o salsiccia
q.b. sale
1. Versate la carne di cervo tagliata a pezzi in una ciotola con degli aromi e gli odori. Mettete il vino fino a coprire completamente la carne e in seguito sigillate tutto con la pellicola da cucina per poi lasciarlo a marinare per una notte.
2. Togliete la carne dalla marinatura e mettetela su un tagliere. Tagliate a cubetti carota, cipolla e sedano, e fate rosolare in un tegame con dell'olio extravergine.
3. Unite la carne e fate andare il tutto a fiamma media, poi aggiungete un paio di foglie di alloro e fate rosolare per bene la carne. Unite solo nel caso la carne dovesse risultare troppo asciutta e magra qualche pezzetto di pancetta o salsiccia.
4. Dopo che il vino della marinatura, sarà stato assorbito completamente, versate la passata di pomodoro.
5. Far cuocere per 3 ore a fiamma bassa, fino a quando il pomodoro si sarà completamente ritirato e la carne risulterà morbida al tatto. Togliete dal
Il nostro itinerario prosegue verso il Castello Piccolomini di Capestrano che dista solo 21,5 km circa.
Il castello di Capestrano fu costruito nel XII secolo in una posizione tale da dominare l’intera piana del fiume Tirino, zona ricca di acque e sistemi difensivi che s’integrano con il tessuto urbano. Il castello passò per le mani di molte dinastie importanti tra cui la famiglia De Medici. Esso si presenta oggi con un impianto quattrocentesco. La facciata, che è delimitata da due torri cilindriche a scarpa, con il restauro del 1924 ha subito interventi radicali che hanno manomesso anche gli spazi interni. Sono state costruite delle finestre, con lo scopo di illuminare la zona interna. L’ingresso, sovrastato dallo stemma dei Piccolomini (raffigurante cinque mezze lune sormontate da una corona), si apre sull’affascinante piazza settecentesca. Il castello presenta un suggestivo cortile interno di stile rinascimentale in marmo che è fiancheggiato da colonne con capitelli fogliati collegate da un architrave. Nonostante gli interventi di modifica abbiano alterato e compromesso l’aspetto originario del castello, questo è entrato a far parte a pieno titolo tra i più caratteristici esempi di fortificazione abruzzese. Attualmente la struttura ospita gli uffici del comune e un piccolo museo con reperti delle due guerre mondiali; qui fu ritrovata anche la famosa statua del guerriero di Capestrano. Nel borgo è presente la chiesa medievale di San Pietro Oranum sulla cui porta d’ingresso è presente una scritta leggibile da qualsiasi verso che molti studiosi hanno provato a tradurre, arrivando a pensare che riguardi la storia dei Templari e la vaga possibilità che si nasconda lì il sacro Graal.
Il miscuglio di erbe rupestri unito ai gamberi di fiume vi faranno innamorare ancora di più di questo posto mistico. Ecco la ricetta tipica.
20 gamberi d’acqua dolce
mezzo bicchiere di vino bianco
2 cucchiai di olio d’oliva
1 spicchio d’aglio
trito di erbe (rosmarino, prezzemolo, basilico fresco, origano, maggiorana, origano)
q.b. sale
q.b. pepe
q.b. paprika
1. Lavate le erbe aromatiche, asciugatele con della carta assorbente da cucina, sfilate le foglie dai rametti e tagliatele finemente con un coltello.
2. Mettete in una padella antiaderente l’olio di oliva e scaldate a fuoco vivo, aggiungendo l’aglio schiacciato. Appena l’aglio risulterà dorato, toglietelo, versate i gamberi in padella e cuocete a fuoco vivace per circa 5 minuti.
3. Aggiungete il trito di erbe, mescolate, cospargete con il vino bianco, regolate di sale e pepe, aggiungete un pizzico di paprika, coprite la padella con il coperchio e continuate la cottura per altri 5 minuti. Scolate i gamberi sulla carta assorbente e serviteli.
Percorrendo un’oretta di macchina all’incirca ci dirigiamo verso il Castello Ducale di Crecchio
Appena arrivati possiamo ammirare l'antica fortezza di Crecchio. Un edificio a pianta regolare quadrangolare con quattro torri posti agli angoli. La muratura è realizzata in pietrame squadrato su una sola faccia impilata, con blocchi di arenaria compatta ben squadrata agli angoli. La prima descrizione del castello risale al 1633 anche se si può affermare con certezza che la sua costruzione partì da una struttura precedente sulla cui sommità fu piantato un ulivo valendogli così il nome di ‘torre dell’ulivo’. Il castello ospitò anche la Famiglia Reale dei Savoia in fuga da Roma verso Brindisi, mentre l’anno successivo subì gravi danni causati dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Oggi nel castello di Crecchio è possibile visitare il Museo Archeologico dell'Abruzzo Bizantino e Altomedievale nato grazie alla preziosa collaborazione fra istituzioni e volontariato. Il Museo espone oggetti rinvenuti durante i lavori di ricerca, in stretta collaborazione con la Soprintendenza Archeologica dell'Abruzzo. All’interno del museo è presente anche l’originale scala in pietra che porta al terzo piano sulla sommità di una torre dove è possibile ammirare tutto il borgo. Leggende metropolitane narrano della presenza del fantasma di un membro della famiglia De Riseis e della sua amante manifestati attraverso rumori di passi pesanti e apparizioni improvvise. La sezione storica del museo è dedicata alla storia del castello. Gli anni d’oro del Castello Ducale di Crecchio torneranno a vivere anche attraverso un’eccezionale documentazione fotografica che conferma il Castello di Crecchio come meta e rifugio di sovrani, principi e personalità che hanno segnato un’epoca della nostra storia.
Il piatto tipico di questa tappa è il Fegatazzo, uno dei simboli della passione di questa regione per la carne. Ecco la ricetta.
guanciale
ventresca
milza
polmone
scorza d’arancio
aglio
peperoncino
sale
Il Fegatazzo viene prodotto macinando parti suine come guanciale, ventresca, milza e polmone condite con scorza d'arancia, aglio, peperoncino e sale. Dopo l'insaccatura in budello naturale, le carni vengono fatte asciugare e successivamente conservate sott'olio o sotto grasso per circa un anno. Il Fegatazzo di Ortona è tipico dell'omonimo comune, ma in generale è diffuso in tutto l'Abruzzo.
Dopo solo 13 km ci troviamo nella fantastica Città di Ortona che venne soprannominata da Winston Churchill ‘La Stalingrado d’Italia’ per essere stata presa d’assalto da Nazisti e truppe della Resistenza in quanto la città faceva parte della ‘linea Gustav’, ovvero la fortificazione che divideva in due la penisola. La città ospita il famoso castello Aragonese, edificato nel 1400 e sorge sul promontorio denominato "La Pizzuta", che cade a strapiombo sul mare, da cui domina l'articolata e suggestiva costa adriatica. Nato originariamente come fortificazione, il castello aveva come scopo quello di custodire il porto, fulcro economico cittadino. Originariamente il castello aveva una pianta trapezoidale, non esattamente regolare, secondo lo schema aragonese diffuso in tutto il mezzogiorno. Dal XIX secolo si dice che il castello venne impiegato come officina e polveriera, cosa che contribuì – durante i bombardamenti tedeschi e americani del 1943, nel corso della battaglia di Ortona – a far esplodere la struttura interna del castello e la parte superiore delle mura. Tre anni più tardi, una frana, spazzò via quasi la metà del castello. La struttura, dopo anni di abbandono, fu oggetto di restauro e valorizzazione ad opera della Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio dell’Aquila, a partire dal 2001. Attualmente il castello costituisce una delle maggiori attrattive di Ortona. Esso ha una stupenda visuale sulla costa dei trabocchi, intorno ha un enorme giardino pubblico utilizzabile anche per pic-nic, dove è presente una scalinata che porta alla pista ciclo-pedonale a strapiombo sul mare.
Arrivati a questo punto, come potete non inebriare le vostre papille gustative con il dolce tipico del posto, la Nevola? Essa è facile da realizzare e gustosa da mangiare, qui di seguito la ricetta.
2 bicchieri di mosto cotto
1 bicchiere di olio
1 stecca di cannella macinata
1 buccia grattugiata di arancia
farina q.b.
Mettere a bollire in una pentola il mosto cotto con l'olio, la cannella macinata, la buccia grattugiata di arancia e lasciare insaporire evitando che il tutto si addensi.
Sulla spianatoia disporre la farina a fontana, versare un po' per volta il liquido e impastare amalgamando bene il composto che non deve essere troppo morbido nè troppo duro.
Scaldare il ferro e porre tra le due piastre aperte un pezzetto di pasta della dimensione di una noce. Chiudere le piastre e stringere, dopo pochi minuti la nevola sarà cotta.
Togliere dal ferro e con movimenti rapidi arrotolare velocemente la nevola dandole una forma conica: i movimenti devono essere veloci poichè se si raffredda non si riesce più a lavorare.
Ci dirigiamo, poi, verso ROCCASCALEGNA che dista 52 km circa; questa sarà anche l’ultima tappa del nostro itinerario.
Roccascalegna è un piccolo centro in provincia di Chieti, sull’imponente roccia che domina la valle del Rio Secco si intravede già da lontano l'imponente torre di avvistamento del meraviglioso castello. I primi fondatori furono i Longobardi nel 600 d.C. le prime fonti riguardanti il castello risalgono al 1525, dopo 200 anni circa, ci furono tre secoli di abbandono in cui fu saccheggiata e danneggiata da abitanti del posto fin quando nel 1985 fu donata dagli ultimi proprietari al comune di Roccascalegna il quale attuò una ristrutturazione durata undici anni al termine dei quali, oggi è affittabile a poche decine di euro per matrimoni e altre cerimonie con lo scopo di aumentare turismo e ridare vitalità al posto. Esiste anche una leggenda riguardante il castello secondo la quale nel 1646 il Barone Corvo de Corvis, che con la legge ‘Jus Primae Noctis’ costringeva le novelle spose del Feudo a passare la prima notte con lui, fu ucciso da un marito vestito da donna o da una sposa e morente lasciò la mano insanguinata sulla roccia di una torre e nonostante sia stato provato a lavarla più volte essa riapparisse ogni volta.
Per concludere questo itinerario vi lasciamo con questo piatto, che nasce dall’unione di prodotti tipici di queste terre e che vi farà venir voglia di non andarvene più.
400 gr di agnello
30 gr di Burro
Sale q.b.
Pepe q.b.
Rosmarino
100 gr Farina
Trebbiano d’Abruzzo
Scorza di limone
Lavate l’agnello mettendolo in una terrina con burro e fate rosolare il tutto fino a che la carne non risulti dorata all’esterno.
Aggiungete dell’ottimo trebbiano abruzzese, spezie, sale e un mix di farina e pepe a pioggia.
Cuocete per 15’ minuti e continuate la cottura finchè la carne non risulterà tenera.
Servite il tutto su un piatto piano e date un ultimo tocco dello chef aggiungendo della scorza di limone grattugiata grossolanamente.
Il progetto "I 5 sensi del Made in Italy" è un’iniziativa della Fondazione "Istituto Tecnico Superiore Nuove Tecnologie per il Made in Italy, Sistema Agroalimentare" i cui obiettivi sono quello di erogare una formazione basata sul lavoro, di accrescere e sperimentare il bagaglio culturale acquisito dagli studenti ed orientare i giovani verso l’ITS attraverso un percorso in grado di valorizzare il comparto agroalimentare.
Istituto Tecnico Superiore - Nuove Tecnologie per il "Made in Italy" - Sistema Agroalimentare di Teramo è una Fondazione di partecipazione di natura privata proposte dal Ministero della Pubblica Istruzione, il cui intento è quello di riorganizzare il canale della formazione di livello post-secondario.
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