Spiritualità del gusto
- L'itinerario
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- Tappa 1
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- Descrizione
- Ricette



L'itinerario enogastronomico e religioso che abbiamo elaborato ha lo scopo di far immergere il visitatore nelle bellezze dell'Abruzzo, legate ai Santi e alle tradizioni culinarie dei loro luoghi d'origine. Perciò abbiamo deciso di partire da Isola del Gran Sasso in provincia di Teramo, passando per Capestrano e Bucchianico fino ad arrivare a Villa Santa Maria patria dei Cuochi d'Italia. Il percorso consigliato è ricco di "rievocazioni" culinarie, di piatti tipici che hanno segnato la tradizione gastronomica abruzzese ai quali si affianca un viaggio spirituale nei luoghi di culto simboli della regione. Il Santuario di San Gabriele raccoglie fedeli da tutto il mondo e rappresenta il punto di partenza del nostro viaggio, che prosegue in direzione L'Aquila, precisamente a Capestrano, patria di San Giovanni e di numerose ricette, come i piatti a base di trota in grado di esaltare i sapori genuini del fiume. La terza tappa dell'itinerario in omaggio a San Camillo de Lellis, è Bucchianico nel teatino, territorio di presidi Slow Food, ottime ricette dolciarie e nei periodi giusti teatro di feste folkloristiche abruzzesi. L'ultima tappa di questo tour dei sapori è Villa Santa Maria, anch'essa in provincia di Chieti e luogo d'origine del celebre San Francesco Caracciolo, patrono dei Cuochi e portavoce della tradizione alberghiera italiana.
Il percorso è di 195 km ed il mezzo migliore per raggiungere tutte e quattro le tappe è l'automobile (3 ore circa di guida); è consigliato pernottare due o tre giorni per godersi appieno le località e scoprire i gusti della tradizione gastronomica abruzzese.
Alle pendici del Gran Sasso, nella Valle Siciliana, inizia l’itinerario, precisamente ad Isola del Gran Sasso d’Italia dove è collocato il Santuario di San Gabriele, sede dei passionisti e meta di pellegrinaggio per San Gabriele (1838-1862), santo dei miracoli e del sorriso, invocato in ogni parte del mondo tanto che si contano a migliaia gli ex voto portati dai devoti in segno di riconoscenza al santuario. Nei dintorni del Gigante d'Abruzzo, in provincia di Teramo, sono numerose le antiche ricette gastronomiche tradizionali, spesso derivate dall'agricoltura e pastorizia di montagna. Strongole, Pecora alla Callara e Pizza Dolce teramana, sono solo una piccola parte di ciò che si può assaggiare in un variegato itinerario del gusto.
Percorrendo l’Autostrada dei Parchi (A24) è consigliata una sosta ad Isola del Gran Sasso, località che potrebbe conciliare il percorso spirituale con quello gastronomico, data la sua propensione ad una cucina "povera" ma genuina e saporita grazie all'utilizzo di pietanze poco elaborate e rappresentative della cultura contadina. Tra i piatti sicuramente da assaggiare figurano gli spaghetti alla molinara, tipicità della cucina isolana.
Per i pellegrini amanti della natura esistono decine di percorsi da trekking nel territorio del Parco Nazionale d'Abruzzo che partono da zone limitrofe ad Isola del Gran Sasso estendendosi sul versante adriatico dei monti.
Durante i “100 giorni”, ovvero gli ultimi 100 giorni al conseguimento del diploma delle scuole superiori, che vengono festeggiati dagli studenti secondo tradizioni e riti diversi da regione a regione, si svolge al Santuario di San Gabriele la cosiddetta “benedizione delle penne” per propiziare un buon risultato alla maturità.
Ingredienti per la pasta (per 4 persone):
- 500 gr. di farina integrale, uova.
Per il ragù:
- 150 gr. di carne mista di manzo
- 150 gr. di carne di vitello e di maiale
- 100 gr. di pancetta (se si vuole)
- 50 gr. di burro
- 1 carota
- 1 cipolla
- 1 stecca di sedano
- 1 chiodo di garofano
- 1 bicchiere di vino rosso
- 3 cucchiai di salsa di pomodoro
- 1 tazza di brodo caldo, sale e pepe q.b.
Recipienti ed arnesi necessari:
Il tritacarne, la mezzaluna, una casseruola, una tazza, una pentola.
I maccheroni alla molinara (o “alla mugnaia”) sono dei lunghi, spessi e irregolari maccheroni pieni tirati a mano, del diametro di 4-6 mm, realizzati con un semplice impasto di acqua, semola e farina. Sono caratteristici della provincia di Teramo e di Pescara, in particolare dei comuni della Val Fino e dei Monti della Laga, e si ottengono lavorando l’impasto sino a ottenere un panetto al centro del quale verrà praticato un foro. Questa parte della lavorazione è la più complessa e richiede mani sapienti ed esperte che, l’una di fronte all’altra, sappiano infilarsi nel foro dell’impasto per lavorarlo ancora circolarmente, sfinando e allungando progressivamente l’anello fino a ottenere un lunghissimo maccherone, che poi va tagliato nella lunghezza voluta, generalmente circa il doppio rispetto a un normale spaghetto. Le origini dei maccheroni alla molinara risalgono intorno al 1340, quando venne introdotto nelle mense di re Roberto d’Angiò, legando questa preparazione alla nascita dei mulini a palmenti, fatti costruire sul fiume Fino dai duchi d’Acquaviva, signori di Atri, come racconta Angelo De Victoriis-Medori nell’articolo “La cucina teramana nella gastronomia abruzzese” (A. IV n.10 della rivista “Abruzzo gastronomico”, Teramo 1979). La metodica di lavorazione osserva ancora oggi le regole della tradizione ed è attestata da Rino Faranda in Gastronomia Teramana (Ed. Tercas, Teramo 1978).
Ragù:
Passare le carni alla macchinetta, tritare finemente le verdure e la pancetta, se si vuole, porre questo trito nella casseruola e farlo rosolare nel burro; aggiungere le carni e continuare la rosolatura a fuoco lento; quindi versare il vino e farlo evaporare; unire la tazza di brodo caldo, nella quale sarà stata sciolta la salsa di pomodoro; salare, pepare e aggiungere il chiodo di garofano; abbassare il fuoco e far cuocere ancora per circa 50 minuti.
Maccheroni:
Lavorare le uova e farina sino ad ottenere un panetto; bucarlo al centro cosi da creare un foro; infilarvi le mani, l’una di fronte a l’altra, e lavorare ancora la pasta; ottenuto un maccherone molto lungo, staccarne dei pezzi e continuare a lavorarli; versarli nella pentola con acqua salata bollente e scolarli al dente dopo circa 15 minuti, condendoli immediatamente col ragù.
Dal versante teramano e riprendendo la A24 in direzione Roma ci trasferiamo nella provincia dell’Aquila, nella Valle del Tirino, raggiungibile in un’oretta, patria dell’assiduo riformista religioso e portavoce della predicazione itinerante, San Giovanni (1386-1456), il quale ricevette incarico di raccogliere un esercito di volontari nel 1456 per portare avanti la Crociata contro l'Impero Ottomano. Data la sua indole militare e di guida carismatica, fu insignito del titolo di "Apostolo dell'Europa Unita" e successivamente Santo Patrono dei cappellani militari di tutto il mondo.
Come la sua vita fu identificata con un viaggio continuo, così la tradizione enogastronomica in continua evoluzione del suo luogo di origine Capestrano; infatti da anni il borgo aquilano ospita nel proprio Convento il Salone del Vino Artigianale, un viaggio tra i gusti e tradizioni vitivinicole e per gli amanti del genere la Sagra della Bettola, rievocazione storica con la possibilità di degustare prodotti tipici.
Il fiume rappresenta una parte importante della storia gastronomica locale e ancora oggi possiamo trovare pietanze a base di trota e gamberi, sempre meno diffuse ma meritevoli di un assaggio. Un buon pasto a base di zuppa o maccheroni conditi con la trota, verdure fresche ed erbe aromatiche si addice particolarmente alla visita di Capestrano.
Oltre alla tradizione culinaria, la zona limitrofe al borgo offrono diverse attrattive culturali, dal Guerriero di Capestrano rappresentato da una scultura calcarea risalente al VI secolo a.C. al Quadrato Magico, una simpatica quanto ingegnosa incisione raffigurante cinque parole latine che danno origine ad un palindromo. Nei periodi estivi, per gli appassionati di immersione e di attività culturali atipiche, è consigliata una tappa al Lago di Capo d'Acqua, considerata la piccola Atlantide d'Abruzzo con i suoi mulini sommersi.
- 500 g di maccheroni alla chitarra
- 6 trote medie
- 800 g di pomodori pelati
- 2 spicchi d’aglio
- olio d’oliva q.b.
- stigmi di zafferano DOP disciolti in acqua tiepida q.b.
- prezzemolo e olio piccante q.b.
Nettare e sfilettare le trote. In un tegame ampio soffriggere nell’olio gli spicchi d’aglio, aggiungere la polpa di pomodoro, sale, olio piccante a piacere e le trote. Terminata la cottura del sugo unitelo ai maccheroni lessati in abbondante acqua salata e servite decorati con prezzemolo tritato.
- 6 belle trote nettate con cura
- 6 gamberi di fiume
- olio d’oliva
- 2 spicchi d’aglio
- 6 pomodori pelati tritati
- prezzemolo q.b.
- erbapepe tritataq.b.
- sale q.b.
- 0,5 l acqua bollente
- fette di pane abbrustolite
[1] Per il suo aroma, simile a quello della timo e della maggiorana, l’erba pepe viene utilizzata in cucina per insaporire primi e secondi piatti a base di legumi, funghi, piatti a base di carne o patate. Le foglie fresche sono ottime nelle insalate miste, nei minestroni e nelle insalate miste. Aggiunta agli insaccati conferisce un sapore davvero unico. Fonte https://www.casaegiardino.it/giardinaggio/erba-pepe-coltivazione.php visionata il 08 aprile 2019.
In una teglia soffriggere nell’olio spicchi d’aglio, prezzemolo e peperoncino; quando dorano calate la polpa di pomodori e profumate con erbapepe; unite le trote ed i gamberi, versate l’acqua calda e finite la cottura. Servite la vivanda con delle fette di pane (consigliato il pane con farina di Solina).
- 1 kg di trota
- 1 patata grande
- fagioli cannellini (o fagioli di Paganica- presidio Slow Food)
- 1 pomodoro grosso maturo
- olio d'oliva extra vergine
- 1 cipolla
- 1 costa di sedano
- 1 carota
- 1 mazzetto di prezzemolo
- rametti di maggiorana q.b.
- 300 gr di spinaci
Pulire e lavare le trotelle. Tagliare le verdure a dadini, appassirle in due cucchiai d'olio e poi unire due litri di acqua calda e lasciare bollire sino a che le verdure saranno tenere.
Aggiungere gli spinaci, dopo 5 minuti immergere le trote per pochi minuti di cottura.
Estrarle appena pronte, sfilettarle, e riaggiungere la polpa alla zuppa.
Servire su crostoni di pane rustico tostato, aggiungere la maggiorana ed il prezzemolo tritati finissimi e un filino d'olio crudo.
Il nostro percorso si sposta dal cuore dell’Abruzzo verso la costa Adriatica passando per la SS602 da Capestrano e la E80 in direzione Chieti. In meno di un'ora di guida, a pochi chilometri dal capoluogo di provincia, si trova Bucchianico, zona collinare e terra di provenienza di San Camillo De Lellis (1550-1614), ecclesiastico dedito all'assistenza di tutti i malati e sofferenti, precetto portato avanti per tutta la vita. Dalla seconda metà dell'800 ad oggi due sono i patronati associati al santo, protettore della Sanità Militare e di tutti gli ospedali e malati; insieme a San Gabriele dell'Addolorata è riconosciuto come Patrono d'Abruzzo.
Il Sacerdote originario di Bucchianico rappresenta un modello per l'assistenza agli infermi ma si lega indissolubilmente alla gastronomia dato che le sue opere caritatevoli prevedevano in primo luogo il ristoro dei più bisognosi. Oggi nel territorio teatino è possibile scoprire differenti prodotti della tradizione alimentare abruzzese, a partire dal presidio Slow Food dei fichi secchi di Atessa al miele di Tornareccio, uno dei più pregiati a livello nazionale, accompagnato dal celebre evento "Regina di Miele" nel weekend di fine settembre, in concomitanza con la smielatura.
Da non perdere il Museo dell’Olio, situato nel centro di Bucchianico nei pressi di un antico frantoio settecentesco, che ripercorre le evoluzioni dei manufatti di estrazione dell’olio e spinge il visitatore ad immergersi nella cultura olearia abruzzese.
Verso la fine di maggio nel borgo teatino si può assistere alla Festa dei Banderesi, celebrazione di storia e folklore nella quale si possono ammirare migliaia di fiori di carta prodotti a mano secondo le antiche usanze e soprattutto la distribuzione ai presenti di dolci tipici chiamati “cancellate”. Per un soggiorno completo e piacevole è consigliato quantomeno un assaggio del torrone ai fichi secchi, vera bontà locale prodotta con ingredienti del territorio abruzzese.
(per 15 porzioni)
- 1 prosciutto di maiale di 6 kg
- 2 cipolle grandi
- 20 spicchi d' aglio
- 1/2 tazza di olio
- 2 cucchiai di Salsa Worcestershire
- sale
- pepe macinato
- ¼ lt di aceto di vino
- 1/2 tazza di vino da cucina
- oregano
- timo
- 2 foglie di alloro
- prezzemolo q.b.
- 2 tazze di succo d’arancia
- 2 cucchiai di buccia d’arancia
- 2 limoni
Ingredienti per la salsa:
- 1/2 bicchiere di vino dolce
- pepe nero
- Salsa Worcestershire
- farina per addensare la salsa
Il PERNIL è un piatto di origine venezuelana (prosciutto marinato con aromi, cotto e arrostito al forno, servito con la salsa gravy) preparato per le feste di Natale. È entrato nella tradizione culinaria a Bucchianico grazie al sig. Camillo Santoferrara che ha imparato prepararlo e cucinarlo da un cuoco portoghese durante i decenni trascorsi nell’America del Sud, in Venezuela. Nel 1964 il Sig. Camillo decise di tornare a Bucchianico e aprì il Ristorante Ferrara dove il Pernil è entrato a far parte del menù di feste organizzate come matrimoni e comunioni. Oggi il ristorante è gestito dalla figlia del Sig. Camillo e la Sig.ra Assunta che custodisce la ricetta del padre e prepara questo gustoso prosciutto su richiesta e lo propone dal 1977 in menu ogni fine settimana – Focaccia alla Carmen. Per decenni (dagli anni 80 fino circa 10 anni fa) sono state organizzate sagre a Bucchianico dedicate a fichi e Pernil che hanno permesso di conoscere e apprezzare questo prodotto.
Il giorno prima della cottura preparare una marinata con la cipolla tritata, l'aglio schiacciato e l'olio. Alla marinata aggiungere la salsa inglese, 7 cucchiaini di sale, il pepe, l'aceto, il vino, l'origano, il timo, l'alloro, il succo d'arancia. l'uvetta, il prezzemolo tritato e la scorza d'arancia grattugiata.
Preparazione:
Pulire il prosciutto da grasso in eccesso. Praticare dei fori nella carne con il coltello. Strofinare accuratamente la carne con la marinata e riempire fori. Lasciare in frigo per 24 ore. Togliere la frigo mezz’ora prima della cottura. Cuocere la carne a forno preriscaldato a 400°C per circa 4 ore (40 minuti di ottura per ogni kg di carne). Durante cottura bagnare con il sugo e girare prosciutto. Completare cottura a 450°C per mezz’ora. La salsa si prepara con il grasso di cottura della carne aggiungendo il vino, il pepe, la Salsa Worcestershire e la farina per addensarlo un po'. Bollire la salsa per circa 10 minuti e passarla attraverso un colino per filtrarla. Servire la carne affettata con la salsa.
(Le dosi indicate si riferiscono a 4 persone)
- 600 gr. di fichi secchi dolci
- 1 kg. di miele (*)
- 600 gr. di noci sbucciate
- 4 albumi d’uovo
- olio di mandorle
- limone
- cannella
Innanzitutto, fate bollire il miele a fuoco molto basso, a bagnomaria, finché non assume un colore molto chiaro, quasi bianco. Unite gli albumi che avrete in precedenza montato a neve e continuate la cottura, mescolando il composto. Dopo qualche minuto, quando il miele si sarà indurito, versate dentro il tegame anche le noci tritate grossolanamente, i fichi secchi tagliati, la scorza di un limone e la cannella. Mescolate bene il composto, toglietelo dal fuoco e modellatelo come un rettangolo alto circa 2 centimetri. Avvolgetelo nella carta argentata e lasciatelo riposare. Il torrone di fichi abruzzese è pronto per essere assaporato.
CURIOSITÀ Il torrone ai fichi secchi è originario della zona di Chieti.
(*) Tornareccio la “Regina del Miele” dista pochi km da Bucchianico è centro di produzione di miele per eccellenza con una infinita gamma di miele profumato e della migliore qualità.
Ultima tappa del nostro itinerario culinario e spirituale è Villa Santa Maria, paese della comunità montana Valsangro raggiungibile da Bucchianico tramite la SS81 e la SS 84 (poco più di un'ora di viaggio), luogo d’origine di San Francesco Caracciolo (1563-1608) Patrono dei Cuochi d'Italia. Il suo paese natale fu terra rinomata per la produzione di ricette gastronomiche e per la celebre Scuola Alberghiera, primo istituto di formazione per cuochi. Secondo un'antica leggenda, durante i soggiorni dei Caracciolo, i cacciatori di Villa Santa Maria si cimentavano in battute di caccia e successivamente alla preparazione di pietanze con tanto entusiasmo e bravura da meritarsi le attenzioni della famiglia. Così nacque nel Palazzo Caracciolo il primo istituto alberghiero e da qualche anno il Museo dei Cuochi, unico al mondo per la documentazione dell'arte culinaria abruzzese.
Vicino alla cappella del castello Caracciolo si trova il monumento bronzeo raffigurante San Francesco, detto “uomo di bronzo” nella vita per l’assiduità con la quale si dedicava alle opere caritatevoli. Si questa statua vi è un bassorilievo sul basamento raffigurante momenti di convivialità dai quali trae spunto la leggenda dei cacciatori e dove il cibo viene posto in primo piano come rappresentazione dell’altruismo.
Ogni anno la categoria dei cuochi celebra il 13 ottobre, data di nascita di San Francesco Caracciolo, la propria festa nazionale con convegni e manifestazioni gastronomiche sulla buona cucina, non venendo meno a momenti solidali con i meno fortunati, rifacendosi ai princìpi di Caracciolo dal cui nome ancora oggi i cuochi prendono spunto per nominare le proprie pietanze.
Se la visita a Villa Santa Maria dovesse coincidere con il periodo pasquale, consigliamo di provare i deliziosi Castelli di Pasqua, tipici dolci all'apparenza semplici ma dall'impasto davvero elaborato.
- g 500 di farina
- g 250 di zucchero
- 5 uova
- 3 cucchiai di olio (di semi)
- 0,5 l di latte
- 2 bustine di lievito per dolci
- 1 bustina di vaniglia
- scorza grattugiata di 1 limone (a piacere anche di arancia)
per guarnire a piacere: glassa, granella, praline colorate, mandorle
Dolci della tradizione che gli abitanti di Villa Santa Maria usano portare a benedire il lunedì di Pasqua al santuario della Madonna in Basilica. Se in casa ci sono bambini, allora mamma e nonne li foggiano a barchette, cavallucci, ochette, pupette e altri oggetti di fantasia .
In una ciotola ampia sbattete le uova, lo zucchero e olio. In un’altra ciotola sbattete il latte e la vaniglia e limone grattugiato. I due composti devono essere soffici e spumosi. Uniteli e aggiungete la farina lavorando con la frusta. L’amalgama ottenuto deve presentarsi soffice e morbido. Lavorazione prolungata assicura un dolce più soffice. Con la massa ottenuta confezionate i biscotti oppure utilizzate una forma di colomba per dolci. Cottura a forno preriscaldato a 175 °C. Il tempo dipende dalla grandezza del dolce. Una volta freddo ricopritelo con guarnizioni a piacere.
Il progetto "I 5 sensi del Made in Italy" è un’iniziativa della Fondazione "Istituto Tecnico Superiore Nuove Tecnologie per il Made in Italy, Sistema Agroalimentare" i cui obiettivi sono quello di erogare una formazione basata sul lavoro, di accrescere e sperimentare il bagaglio culturale acquisito dagli studenti ed orientare i giovani verso l’ITS attraverso un percorso in grado di valorizzare il comparto agroalimentare.
Istituto Tecnico Superiore - Nuove Tecnologie per il "Made in Italy" - Sistema Agroalimentare di Teramo è una Fondazione di partecipazione di natura privata proposte dal Ministero della Pubblica Istruzione, il cui intento è quello di riorganizzare il canale della formazione di livello post-secondario.
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